“Guardi che Maradona sembrava avesse un drone sulla testa. E non esagero affatto. Questo “drone” gli permetteva di “vedere”, o meglio percepire anche dietro di lui, sulle fasce laterali e in lontananza come erano messi i giocatori in campo e cosa avrebbero fatto di lì a poco. Insomma, Diego era capace di prevedere situazioni e movimenti degli altri atleti e di agire di conseguenza, eh sì, a quel punto diventava persino difficile atterrarlo. In concreto ti mandava fuori tempo e facevi una figura di…glielo assicuro. Io e i miei compagni ci pensavamo dieci volte prima di avventarci su di lui. Un movimento dei fianchi, una finta di corpo e la palla spariva…E siccome anticiparlo era complicato perché, tra l’altro, era anche rapido, era sempre meglio stargli davanti e temporeggiare”.
“Ma che talento inimitabile. Era un avversario leale. Come pochi altri che ho incontrato…e ne ho incontrato molti. Non gli ho mai visto chiedere una ammonizione all’arbitro per un colpo subìto: si alzava da terra e tornava a giocare. Né simulare qualcosa che non era mai avvenuto. Pur strattonato, cercava di rimanere in piedi sino all’ultimo. Un esempio Maradona in campo, a cui anche i calciatori attuali dovrebbero guardare. Un esempio di correttezza, altro che i tuffatori d’area di rigore che si vedono adesso. Per me è il più grande di tutti i tempi. Ed è bello che abbia fatto tanto per la città di Napoli e per il Napoli e che oggi lo stadio porti il suo nome”. (RICCARDO FERRI)